Il piede marino

Riflessioni alla deriva
tra vita di bordo e metafisica

Non si sa mai, prima,
quanto un'esperienza nuova
potrà incidere sul nostro futuro.

L’unica decisione da prendere è se voler provare

L’idea di barca, di viaggio per mare
da sempre è fonte di emozioni
se ne è attratti per istinto
oppure disturbati alla sola idea.

Difficile rimanere indifferenti

“...e il naufragar m’è dolce
in questo mare.” G. Leopardi

Cosa aspettarsi da una barca a vela

  • Dipende!

    Dipende è la risposta che più comunemente si riceve in barca a domande che hanno a che fare con tempi di percorrenza, orari di arrivo, condizioni di navigazione. Dipende sempre da qualcosa: dal mare, dal vento, dalle capacità dell’equipaggio o dalle condizioni della barca; da dove siamo diretti e se vogliamo arrivarci in fretta. Ai sostenitori di quest’ultima richiesta consiglio il traghetto che vi porta anche la macchina.

    Il fascino del navigare consiste proprio in questo: che tutto dipende. Sempre. Quindi è necessario essere abbastanza elastici e bravi da far fronte a quello che può capitare, tenendo presente che un bravo marinaio è quello che non si mette nella condizione di doverlo dimostrare.
  • L'imbarco

    Uno dei momenti più belli della crociera in barca a vela è la partenza: il pontile stracolmo di bagagli e buste della spesa, l’equipaggio che comincia a scoprire, da segnali appena percettibili, che cosa sia il piede marino.

    Vuol dire prendere la forma della barca, entrare in rapporto con lei, capire di cosa ha bisogno per permetterle di risponderci al meglio: lasciare che la nostra forma liquida abbia la meglio sulle rigidità strutturali. Qui non servono.

    Le immagini a lungo desiderate di tramonti infuocati e notti stellate e lunghe navigazioni fra mare e cielo sono lì, a portata di mano, appena oltre i fanali del porto.

“In un mondo fatto di slogan roboanti e false sicurezze
niente è più destabilizzante che doversi mettere in rapporto
con l’acqua e con l’aria.” L. Cortini

I compagni di viaggio

  • Equipaggio

    Contrariamente a quanto il nostro immaginario sociale tende a propinarci, la vita di bordo è una vita ai minimi termini: nel senso che dopo pochissimo tempo che si è imbarcati molti dei pensieri con cui si è partiti sono già dimenticati. Senza traumi la magia della barca comincia la sua opera fino a quando, meraviglia, ci rendiamo conto che tutto ciò di cui abbiamo bisogno si trova nella distanza fra la prua e la poppa... che non è molta. Non siamo in albergo.

    Il rispetto degli spazi è la base di una buona convivenza. A bordo non ci sono spazi privati assoluti. Ogni cuccetta può essere il portello di ingresso di un serbatoio o un ripostiglio e quindi deve essere facilmente accessibile: indumenti negli armadi e cabine sgombre.

    È bene non dover mettere gli altri nella condizione di chiedere subito “di chi sono queste mutande?” non ci vuole fretta. In ogni caso, in pochi giorni, tutti sapranno delle mutande di tutti gli altri.

    Per non parlare delle abitudini: pareti sottili e finestrini all’altezza degli occhi non sono stati studiati per la privacy… ignorare gli altri, in certi momenti, può essere la politica migliore.

    Può apparire strano definire l’equipaggio attraverso le caratteristiche strutturali di una barca ma, a questo punto ci sono piccole precisazioni da fare: dipende da ciascuno se viverle come difficoltà oppure come possibilità. In genere, all’imbarco, gli equipaggi non si conoscono come tali: anche le amicizie di terraferma trovano, a bordo, equilibri nuovi e diversi. La vita di bordo permette di staccare dagli stereotipi che in genere ci portiamo addosso. Quanto meno possiamo sentirci più leggeri.


  • E' la barca che detta tempi e comportamenti: le cose sono semplici ed intuitive per tutti, non ci sono implicazioni personali. Ciò che va bene per la barca va bene anche per la gente e non viceversa.

    Stare in barca permette, infine, di sottrarci alla maledizione di vederci sempre come protagonisti assoluti della nostra vita: viene il noi, barca ed equipaggio, prima dell’io. Non ci sono decisioni da prendere, basta ascoltare. Una vera vacanza, assenza, da noi stessi.

    Diceva un antropologo tedesco di cui non ricordo il nome: l’estraneo (nuovo, diverso) ci rende liberi perché ci fa estranei (nuovi, diversi) a sua volta.

    Il comandante

    Il comandante vorrebbe essere uno dell’equipaggio, ma non può.

    Ha la responsabilità di fatto per la barca e per le persone; deve prendere le decisioni ed accettarne le conseguenze; deve essere attento a mille particolari e sperare che, nonostante tutte le prevenzioni, niente si guasti. Quindi, per favore, siate comprensivi per eventuali repentini cambiamenti di umore.

    E, se volete vederlo veramente felice, chiedete prima di fare qualcosa di cui non siete assolutamente certi. Meglio fare una domanda stupida che un errore stupido.

“Acqua, energia e cibo. Devi fare l'economia.
In mare non puoi portare
l'opulenza di tutti i giorni” G. Soldini

Breve ripasso di economia domestica

  • Acqua dolce

    I marinai hanno sentimenti contrastanti nei confronti dell’acqua dolce: non se ne può fare a meno ed è la cosa che più di ogni altra ci lega alla terraferma. Senza entrare nello specifico della manovra, fra il traffico e la fretta altrui, (i distributori di carburante, dove in genere c’è anche l’acqua, sono luoghi molto ambiti), risparmiare acqua permette di prolungare la permanenza in mare e questo è il miglior argomento che posso portare. Per questo, i vostri comandanti, anche se non ve lo diranno, guarderanno torvo per ogni bicchiere d’acqua sprecato e, pur ammirandoli, si chiederanno se quei capelli lunghi che salgono a bordo usano il balsamo oppure no. Quindi alcuni esempi.

    La cucina: il brillantante a bordo non è ammesso. L’ideale sarebbe limitare al massimo i detergenti, poco importa se i piatti non fanno sckreeck. l’acqua di cottura della pasta può essere usata per rigovernare, oppure mettere tutta la stoviglieria in una rete e lasciarla a mollo tutta la notte garantisce un certo grado di pulizia meccanico-fisico-biologica, per l’azione dell’acqua e dei pesci: l’unto in eccesso può essere preventivamente asportato con pochi strappi di carta o con una certa dosa di sabbia, come del resto facevano le nostre nonne. Materiale facilmente smaltibile senza traumi ambientali e gli olii di cucina sono meno inquinanti dei fosfati o simili di cui sono composti molti detergenti.

    L’igiene personale: in barca è difficile sporcarsi. Il sale che rimane addosso a fine giornata è facilmente asportabile con quantità limitate di acqua dolce; usare spruzzini da giardino o bottiglie di plastica per shampoo e doccia danno un’idea di quanta acqua viene impiegata e di conseguenza quanta ne rimane nei serbatoi. Dopo i primi giorni anche la sensazione di sale sulla pelle non è più un’insopportabile tortura, anzi…
  • L’uso del bagno: istruzioni tecniche a parte, è bene lasciarli come li vorremmo trovare… asciutti e senza peli o capelli residui. Di funzionamento intuitivo, non hanno però le stesse caratteristiche di quelli di casa e necessitano di alcune piccole attenzioni, l’uso di una limitata quantità di carta, che comunque deve essere smaltita un po’ per volta e non tutta insieme, ed un abbondante lavaggio, tramite l’apposita leva, dopo l’uso.

    Energia di bordo

    Con la barca in porto è esattamente come a casa, si possono ricaricare telefonini e quant’altro con un normale caricabatterie, il frigorifero funziona ed il prosecco si mantiene fresco.

    Durante la navigazione e le soste in rada è assicurata dalle batterie di bordo, e quindi limitata nel tempo e nell’impiego. Funziona a 12 volts, come in macchina, e ci vogliono caricabatterie per le prese ad accendisigaro; le batterie devono supportare le luci, interne ed esterne, gli strumenti - radio inclusa - il frigo, le pompe di sentina e l’autoclave.

    Ed accendere il motore: poche cose sono così disarmanti come sentire che le batterie sono scariche quando devi fare in fretta per toglierti da una situazione potenzialmente pericolosa.

    L’energia è preziosa e va usata di conseguenza.

    In crociera le batterie possono essere ricaricate usando il motore, ma far girare un motore a vuoto in alto mare solo per sopperire alle nostre cattive abitudini è uno spreco, ed in barca gli sprechi portano male, ed anche se il frigo è spento raramente il prosecco di cui sopra fa in tempo a scaldarsi.

“Non sapete di quale amore io amo?
Io amo come il mare ama la riva:
dolcemente e furiosamente!” F. De Roberto

I comportamenti di bordo

  • Gli ambienti comuni

    In navigazione ciò che non è ben fissato, o rizzato, per usare il termine marinaro, è destinato inevitabilmente a cadere, con più o meno danno: quindi occhio, sia sopra che sotto coperta. Di occhiali, teli, creme, cellulari, il mare è già pieno, può fare a meno dei nostri.

    Non abusare della pazienza di chi si troverà a rimettere tutto a posto all’ultimo momento può essere un argomento altrettanto valido. Ordine e pulizia, dice il commissario politico.

    Le corvè di bordo

    In genere l’entusiasmo e la voglia di cooperazione degli equipaggi sopperiscono alla organizzazione necessariamente improvvisata di una crociera estemporanea, non abituale. In fondo i momenti di corvè si limitano bene o male ai pasti comuni ed alla cambusa, altrettanti momenti, se ci pensate, di svago e cameratismo.

    Con una piccola attenzione agli ambienti comuni (bagni, dinette e pozzetto) ed un impegno minimo è facile fare a meno delle colf.
  • Il mare

    In mare non deve cadere niente: né per caso né per dolo. Soprattutto in prossimità della costa. Ciò che è organico deve essere smaltito ben al largo, che possa essere riciclato dall’ambiente molto prima di arrivare a terra, per i materiali non organici una raccolta differenziata è eticamente obbligatoria.

    I fumatori

    I mozziconi non si gettano in mare.

    Assolutamente vietato fumare nelle cabine e comunque in posizione “di sonno”. In linea di massima si fuma solo all’esterno e sottovento. Esattamente come vi procurate le sigarette per una settimana, procuratevi anche un posacenere, (non è detto che a bordo ce ne siano e le bottiglie dopo un po’ puzzano) meglio se fornito di tappo, ideali le scatolette in metallo delle mentine. Se siete invece parte di un equipaggio di viziosi le cose si accomoderanno da sole, e vi ritroverete a fumare anche in dinette, ma i posacenere servono comunque. I mozziconi vanno nella raccolta indifferenziata. In linea di massima essere il meno aggressivi possibile con l’ambiente che ci ospita è il miglior modo che abbiamo per sperare di ritrovarlo così anche la prossima volta.

“Ogni volta che mi accorgo di atteggiare le labbra al torvo
ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me
allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto” H. Melville

Ogni viaggio comincia prima di partire

  • L’abbigliamento.

    Se non volete essere accolti subito da sguardi perplessi sarebbe meglio presentarsi a bordo con scarpe di gomma, suola preferibilmente chiara, e con borse o sacche da viaggio morbide, che possano essere riposte in spazi limitati.

    È meglio optare per più capi leggeri, da indossare a strati, piuttosto che pochi capi pesanti, che si asciugano con più difficoltà e rimangono più ingombranti.

    In estate, in presenza di vento e temperature non elevate è comunque dal vento più che dal freddo che è necessario proteggersi: vanno bene le giacche a vento leggere oppure i k-way: la cerata è consigliata ma non indispensabile, se non ce l’avete non state a comprarla. In mare le notti possono essere umide.

    Un tocco di esperienza consiglia un berretto di lana ed un foulard.

    Effetti personali

    Utili, specie in porto, le ciabatte da doccia, ma sconsigliati shampoo e saponi troppo schiumogeni o prodotti che richiedano un uso eccessivo di acqua, indicati invece saponi ecologici o a basso impatto ambientale (esistono linee apposite). Utile anche una piccola torcia personale, magari una frontale per avere le mani libere.
  • La cambusa

    È inutile cercare di riprodurre, in barca, il tipo di alimentazione a cui siamo abituati a terra: latte e derivati freschi sono, per esempio, di difficile conservazione ed a bordo, in genere, poco richiesti e, almeno nei primi giorni, diversamente digeribili rispetto alla terraferma. La cosa migliore sono poche confezioni monodose, da aprire e finire.

    Dovendo fare una spesa che, in teoria, deve bastare per alcuni giorni, è bene optare per prodotti con poco package, che limitino la produzione di immondizia.

    L’uso del frigo comporta un notevole consumo di energia (può rimanere acceso, fuori dai porti, solo con il motore in moto), che non sempre può essere a disposizione: meglio optare per insaccati e simili confezionati a pezzi invece che a fette.

    Il pasto principale generalmente è la cena, durante il giorno sono più che altro spuntini ravvicinati: non dimenticate il pane e le olive.

    Evitiamo la trappola di cercare di comprare tutto subito: non è possibile. Limitiamoci al necessario per pochi giorni, facciamo una prova. Affronteremo con più cognizione la spesa per tutto il resto, o quasi, della crociera. Il modo migliore per conservare frutta e verdura non è il frigo, ma una borsa di rete appesa sottocoperta, in luogo asciutto e ventilato.

“Dopo l'istante magico in cui i miei occhi
si sono aperti nel mare, non mi è stato più possibile
vedere, pensare, vivere come prima.” J. Cousteau

Il mal di mare (è uno scompenso metafisico!)

  • Perchè

    Per chi non ha l’abitudine di stare in barca, non avere un po’ di nausea non è normale. L’ammiraglio Nelson ne soffriva per i primi tre giorni di ogni imbarco, poi andava e vinceva.

    La forza di gravità, da cui tutto ha origine e che tutto comanda, viene compensata dal nostro apparato muscolo-scheletrico con una data tensione muscolare, controllata da un sistema propriocettivo, (composto da alcuni organi di senso e dal labirinto) che indica la posizione del corpo rispetto ad un punto di riferimento preciso e stabile: il suolo.

    Quando siamo a terra ogni nostro movimento è dovuto ad una attivazione neuromuscolare in relazione al nostro piano di appoggio: il terreno solido, che, per definizione, non si muove.

    La barca non ha punti di riferimento fermi. Cerca in continuo il suo equilibrio. Il concetto di stabilità cambia di molto il suo significato ed il povero sistema propriocettivo riceve informazioni diverse dal solito, a cui non è abituato, ma che deve comunque gestire.

    Per diminuire il numero di input da processare, non sapendo cosa succede, il nostro organismo cerca di difendersi nel solo modo che conosce e trasforma il suo disagio nella condizione fisiopatologica in cui meno ci si muove, meglio è: la nausea.

    Questa, a grandi linee, la base delle cinetosi, i disturbi dovuti al movimento, o meglio, alla perdita di punti di riferimento statici.

    Alcuni organismi imparano più facilmente, altri meno, ma non ci sono eccezioni: è solo questione di tempo. La differenza fondamentale, se deve succedere, è l’atteggiamento.

    Però, visto che non tutto il male viene per nuocere, e per ridimensionare il famigerato mal di mare, bisogna anche dire che spesso le emozioni più travolgenti hanno alla base grandi episodi di nausea: l’amore insegna.
  • Cosa fare

    In caso di nausea c’è una sola cosa da fare. Niente. Stare fermi e aspettare. Cosa vorreste fare? Prendere qualche pasticca che vi rincoglionisca? E fino a quando? Ma, lo riconosco, è un atteggiamento un po’ rigido…

    Posizioni meno estremiste prevedono l’assunzione di qualche sostanza, sotto forma di pillole o cerotti a rilascio ritardato, che possa limitare i disagi legati alla novità della vita in barca, almeno per i primi giorni, in modo da aiutare l’organismo ad un passaggio più graduale dalla terra al mare. La prima notte passata a bordo forma, di solito, intere legioni di marinai.

    Rientrando nell’operativo, a volte masticare qualcosa di salato o un po’ di pane (più duro è meglio è) può essere d’aiuto: il pane dà qualcosa da fare ai succhi gastrici prodotti in eccesso, ed avere ragione di un tozzo di pan secco può dover richiedere la maggior parta della nostra attenzione. Parlarne crea un clima di empatia, raramente si sente male più di uno (molto spesso nessuno), e in genere attorno allo sfortunato si raccoglie premuroso il resto dell’equipaggio: consigli della nonna, il posto migliore in pozzetto; stare al timone può alleviare il senso di oppressione psicologica e piccoli mutamenti di rotta possono portare grandi miglioramenti.

    Ma, come già detto, anche nei casi più gravi è sufficiente avere pazienza e dare all’organismo il tempo di assuefarsi ad una condizione nuova: tutti abbiamo bisogno di tempo per imparare ed i nostri meccanismi automatici non fanno eccezione. Niente panico. Con il passare delle ore la situazione migliorerà progressivamente, il movimento della barca sarà assorbito poco a poco, e la granitica abitudine di terra sotto i piedi verrà sostituita dolcemente da un moto senza tempo; il respiro del mare si insinuerà fino a diventare parte di noi, dobbiamo solo decidere quanta resistenza opporre.

    Forse è solo l’idea di lasciare la solidità della terra per il movimento del mare a fornire una base organica alle nostre nausee e per questo non ci sono pasticche che tengano.

“C'è un'estasi sulla spiaggia solitaria,
C'è vita vicino al mare profondo e c'è musica nel suo boato.
Io non amo l'uomo di meno, ma la Natura di più” G. Byron

Pensieri al vento

  • Viaggiare con la spinta del vento, arrampicarsi sulla parete di una montagna, dedicarsi con trepidazione ad un nuovo germoglio, riempiono di significato l’idea che la via è il fine.

    Cercare di spiegare i mille perché di una esperienza da velista, definizione che comprende sia le regate all’ultimo sangue che il tentativo vivere il mare nel modo più naturale ed ecologico possibile, è come cercare di raccontare il sapore della nutella a chi non l’ha mai assaggiata. Molto difficile.

    Ma si insegna meglio ciò che si ha più bisogno di imparare, e chi va per mare sa che sempre, anche dalle persone o nelle occasioni in cui meno te lo aspetteresti, c’è qualcosa di nuovo che entra a far parte del bagaglio delle proprie conoscenze: si cresce come equipaggio e come persone, e non necessariamente in quest’ordine.
  • Mi ripeto dicendo che l’unica decisione da prendere è se abbiamo voglia di metterci a confronto con elementi altrimenti estranei e poco comprensibili come il mare ed il vento; accettare di cambiare l’ordine delle nostre priorità o anche solo cercare altri e diversi punti di vista è comunque un ottimo sistema di trascorrere le nostre giornate.

    Anni fa, su un sentiero di montagna, vidi questo cartello: “Portate via le foto e lasciate soltanto l’impronta delle vostre scarpe”. Altre parole non servono.

    Non riesco a pensare ad una soddisfazione più grande, ogni volta che levo l’ancora da una rada solitaria, di non lasciare neppure l’impronta delle scarpe, come se non ci fosse stato nessuno. Mai.


Glossario Minimo

  • Inutile elencare terminologie che, se non usate abitualmente, vengono dimenticate con la stessa velocità con cui vengono lette: alcuni termini e due concetti saranno, al momento, sufficienti a farvi raccapezzare a bordo.

    Dinette (o quadrato)

    Luogo di ritrovo comune sottocoperta.

    Pozzetto

    Luogo di ritrovo comune all’esterno. In genere vi si trovano anche la ruota del timone e la principali cime di manovra delle vele.

    Gavoni

    Sono i ripostigli della barca. Contengono materiale tecnico o di uso comune, in genere vi si accede sollevando le sedute del pozzetto.

    Prua/Poppa

    Come dire il davanti ed il didietro della barca. In barca l’asse prua-poppa costituisce la metà delle coordinate di riferimento. Vale a dire che la posizione di tutto viene indicata relativamente all’essere a prua o a poppa di qualcosa: per esempio, le mutande di cui sopra sono situate, in genere, a poppa dell’albero ed a prua del timone.

    Sopravvento/Sottovento

    L’altra metà delle coordinate di riferimento della barca; la parte sopravvento, e non è sempre la stessa, è la parte della barca che è raggiunta per prima dal vento: può essere la destra o la sinistra, la prua o la poppa; quella parte diventa sopravvento rispetto a tutto il resto e la posizione di tutto è definita in funzione di questo.
    Il sopravvento è il lato del potere: sui velieri di qualche secolo fa, e non so se ancora adesso, al grido comandante in coperta tutti i presenti si spostavano sul lato sottovento del cassero. Non essendo più di moda i comandanti di veliero, adesso sopravvento ci stanno i timonieri, che si possono far chiamare in molti modi.
    Il sottovento è, operativamente, decisamente più importante: sottovento, cioè nel punto in cui il vento lascia la barca, si fuma, si sputa, si fa pipì, si svuotano i recipienti. E si vomita.

Nodi Marinai

  • Sull'argomento nodi e legature, Sir Francis Chichester, uno dei navigatori più noti e coraggiosi nella storia della vela, sosteneva che per essere buoni marinai è sufficiente conoscere la corretta esecuzione di quattro o cinque nodi. La cosa importante è invece saperli fare bene, rapidamente, col minor numero possibile di movimenti. E l'unico modo per acquistare la necessaria sicurezza è quello di armarsi di pazienza e provare, riprovare e riprovare ancora finché i movimenti diventano automatici, istintivi.

    Gassa d'amante

    Un nodo a occhio, eseguito all'estremità della corda prima di essere propriamente utilizzato. La gassa d'amante è uno dei nodi più semplici da realizzare ma è anche il più importante dell'arte marinaresca grazie ai suoi mille pregi e utilizzi. Quando fatto per bene infatti, non scorre, non si scioglie, non si stringe troppo e non è difficile da sciogliere quando il cavo non è in tensione.

    Nodo parlato

    Un nodo di avvolgimento, nel senso che viene avvolto all'oggetto durante la realizzazione. Usato principalmente per ormeggiare sulla bitta in banchina, deve essere in grado di resistere alle trazioni senza scorrere.

    Nodo Savoia

    Uno dei più diffusi nodi d'arresto - quei nodi cioè che vengono eseguiti all'estremità di un cavo per arrestarne la corsa quando questo è sottoposto a lavoro. Deve il suo nome al fatto di apparire nello stemma di Casa Savoia. Viene anche chiamato nodo d'amore o nodo a otto per la sua caratteristica forma.

    Nodo di scotta o bandiera

    Un nodo di giunzione utilizzato per unire due cavi alle loro estremità e formare così un cavo più lungo. Il doppio nome dipende dall'uso al quale può essere destinato in barca: di scotta, quando serve per collegare le scotte agli occhielli situati alle estremità delle vele quadre; bandiera quando invece è usato per collegare i due punti estremi delle bandiere al cavo che serve per alzare e ammainare.

    Nodo Margherita

    Un nodo di accorciamento usato per ridurre la lunghezza di una corda o perchè troppo estesa o perchè ha parti logore o danneggiate senza ricorrere al taglio della corda stessa rovinandola del tutto. Come molti nodi marinareschi presenta alcune caratteristiche peculiari: non si logora, si scioglie facilmente dopo l'uso e offre una buona tenuta.

Venti del Mediterraneo

  • Il vento è l'amico più prezioso (e pericoloso) del marinaio. Tecnicamente parlando si tratta di un fenomeno naturale che consiste nel movimento di masse d'aria da zone ad alta pressione a zone di bassa pressione. Si possono classificare in svariati modi a seconda del verso, della costanza o della forza, e per questo hanno assunto migliaia di nomi diversi nel nel corso dei secoli dai popoli che hanno solcato i mari.

    La prima classificazione, la più nota, ed anche la più interessante per noi popoli del Mediterraneo, è l'antica nomenclatura Greca, rappresentata schematicamante dalla Rosa dei venti, i cui nomi derivano dai luoghi dai quali i venti spiravano rispetto a un presunto osservatore posto al centro del Mar Ionio, più o meno vicino a Creta: per cui ad esempio il Grecale che rispetto a quell'osservatore ipotetico proveniva dal nord est prese il nome dalla Grecia stessa.

    Tramontana - N

    Vento del nord che proviene dalle regioni polari. Molto freddo e secco, spira a raffiche e solitamente porta tempo asciutto, cielo sereno e un'ottima visibilità. Assume vari nomi a seconda delle regioni di provenienza e dalle variazioni di direzione, da noi il più famoso è la Bora che soffia in realtà da NE, investendo soprattutto il golfo di Trieste e facendosi sentire in tutto l'Adriatico.

    Grecale - NE

    Tipico vento invernale, freddo e asciutto, che spira a raffiche e porta generalmente buon tempo e cielo sereno.

    Levante - E

    Vento fresco, di debole intensità, che nel Mediterraneo, durante l'inverno, è spesso accompagnato da piogge e tempeste.

    Scirocco - SE

    Vento caldo e umido proveniente dal Sahara e dalle altre regioni del Nord Africa. Si accompagna generalmente a tempo nuvoloso, mare mosso e scarsa visibilità; e può durare anche molto a lungo.

    Ostro - S

    Vento caldo e umido portatore di piogge il cui effetto debolissimo è scarsamente avvertito nei mari italiani.

    Libeccio - SO

    Chiamato Africo dai Romani e successivamente rinominato dalle Repubbliche Marinare in Libeccio perchè nasce dalle coste della Libia. Vento di tempesta, nasce molto velocemente, sviluppando potenze eccezionali per poi calmarsi con la stessa rapidità.

    Ponente - O

    Tipico vento estivo, fresco e pomeridiano che esercita la sua influenza principalmente sul Tirreno e sull'Adriatico centro-meridionale. Per il suo carattere piacevole viene chiamato affettuosamente Ponentino dai romani.

    Maestrale - NO

    Come il Libeccio è un tipico vento del Mediterraneo centrale. Asciutto, potente, impetuoso, è un vento di burrasca che annuncia l'inverno. Può superare anche i 120 km ed è per questo che si è meritato il nome di maestro dei venti. Porta tempo freddo, asciutto e sereno.



Il piede Marino